 Lo stadio dei 29 scudetti: quello da cui ripartire per vestire la terza  stella e continuare una storia gloriosa, di cui andare fieri nella sua  globalità. Questo il valore simbolico - enorme, che di calcio stiamo  parlando - emerso dalla manifestazione di inaugurazione dell'8  settembre.
Lo stadio dei 29 scudetti: quello da cui ripartire per vestire la terza  stella e continuare una storia gloriosa, di cui andare fieri nella sua  globalità. Questo il valore simbolico - enorme, che di calcio stiamo  parlando - emerso dalla manifestazione di inaugurazione dell'8  settembre. 
In termini economici, però, quanto inciderà lo stadio  ju29ro, nel riportare la Juventus ai primi posti in Italia e in Europa?  Rispetto al contesto nazionale, è evidente la discontinuità: un progetto  di lungo periodo, il primo, in contrasto con le miopie e il carpe diem  del sistema italico. Il contesto internazionale, invece, quello a cui  guardava Giraudo, ci accoglie tra gli ultimi, tra le grandi squadre, al  traguardo.
L'Italia che retrocede
Il primo dato che ci  interessa è quello della crescita degli introiti. Nel gotha del calcio  europeo, la Juventus è una delle poche squadre che si trova addirittura  sotto i livelli raggiunti nel 2006, data da cui ovviamente ci piace  partire. In quel momento, la Juve della Triade era la terza potenza  continentale in termini di entrate, dopo le due big spagnole. Circa 250  milioni di euro quell'anno, di contro ai soli 205 dell'ultimo bilancio,  segnando un -18% nell'arco del quinquennio, destinato ulteriormente a  peggiorare con i 172 milioni del bilancio 2010/2011 (-31%). 
Il  confronto con le altre "grandi" è impietoso: il Real Madrid è passato da  292 a 438 (+50%), il Barcelona da 259 a 398 (+54%), il Manchester  United da 242 a 350 (+45%), il Bayern Monaco da 204 a 323 (+58%),  l'Arsenal da 177 a 274 (+55%), il City da 89 a 152 (+71%), il Liverpool  da 176 a 225 (+28%), il Chelsea da 221 a 256 (+16%). Escludendo queste  ultime due, si tratta in tutti i casi di crescita omogenea e costante,  anno dopo anno, delle entrate. Bene hanno fatto anche squadre di minor  blasone: le due big francesi, Lione e Marsiglia, le tedesche (Amburgo,  Schalke, Borussia), il Tottenham Hotspurs.
Chi, invece, ha segnato  crescite negative, fortemente disomogenee o trascurabili? Le italiane,  senza dubbio. La Roma, favorita dal facile accesso post-Calciopoli alla  Champions League, ha segnato nel primo triennio una crescita costante,  le cui fondamenta si sono dimostrate d'argilla al primo anno fuori: 122  contro 127 del 2005/2006. L'Inter è tornata sopra i livelli del 2006  solo con il bilancio del "triplete": 224 contro i 207 del  pre-Calciopoli. Il Milan, dopo anni di crescita negativa, si è assestato  nel 2010 a livelli leggermente inferiori di quelli del 2006: 236 contro  239.
Le ragioni: le squadre italiane occupano le ultime quattro  posizioni nella top 20 dei club più ricchi per quanto concerne le  entrate da stadio rispetto agli introiti totali: ultima è la Juve (8%),  poi il Milan (13%), la Roma (16%), l'Inter (17%). Appena migliore la  situazione nel settore commerciale, dove in termini assoluti, solo il  Milan sta nella top ten (nono), e in termini relativi l'Inter fa meglio  soltanto di Aston Villa e Atletico Madrid.
L'Italia giganteggia nei  diritti tv: il 65% delle entrate per la Juve, il 61% per l'Inter, il 60%  per il Milan e il 53% per la Roma. Da domani, però, le quattro big  italiane andranno a guadagnare meno anche in questo settore, grazie alla  ripartizione collettiva. Va citato, in controtendenza, anche il Napoli,  che a una crescita costante degli introiti ha fatto seguire, anno dopo  anno, i ricavi, e che verosimilmente aumenterà le proprie entrate da  diritti tv. Un esempio di crescita intelligente, anche in ottica di  fair-play finanziario, che ha però bisogno di un boost negli  investimenti per arrivare più vicino al gotha europeo.
Sono ovvie due  cose: la prima è che il campionato italiano ha perso molto appeal, e  questo si traduce in risultati commerciali inferiori a quelli delle  grandi straniere; la seconda, ancora più lapalissiana, è che le squadre  italiane hanno bisogno di stadi di proprietà per poter competere ai  massimi livelli. In questi termini, la politica della dirigenza  juventina è stata, a nostro modo di vedere, l'unica possibile, per poter  reggere il confronto nel lungo periodo. Non solo: il fatto che il  traguardo, e il conseguente aumento di introiti, sia stato raggiunto  prima dell'avvento del fair-play finanziario, quando la capacità di  spesa sarà strettamente correlata alle entrate, è un ulteriore merito.
E'  indubbio infatti che il risultato oltremodo negativo a livello di  introiti nel quinquennio veda sicuramente tra le cause preponderanti la  farsa di Calciopoli e la terribile gestione sportiva, che ha impedito  l'accesso ai lucrosi incassi della Champions League. Tuttavia, anche  senza questo, la distanza con le big europee si sarebbe comunque  allargata, se la Juve non fosse stata in grado di diversificare le  proprie entrate. Questo Giraudo lo sapeva, e il suo piano industriale  era la risposta.
Vamos a ganar!
In uno stadio ridotto  come l'Olimpico, le entrate non sono state poi così inferiori al vecchio  Delle Alpi: i bilanci 2009 e 2010 sono stati chiusi con introiti vicini  ai 17 milioni di euro, cifra vicina a quella dell'ultima stagione della  Triade. Si può quindi affermare che le perdite derivanti dal "periodo  di attesa" prima di approdare al nuovo stadio siano state ridotte e  quindi non significative.
Lo stadio non è costato molto nemmeno in  termini di costi di costruzione: l'investimento complessivo è stato di  circa 120 milioni. Qualche paragone: l'Allianz Arena è costata 340  milioni (ospita 70.000 spettatori contro i nostri 40.000), l'Emirates  Stadium più di 400 (60.000 spettatori). 
Di quanto aumenteranno le  entrate? La cifra prospettata dalla società è di 30-35 milioni, inclusi i  naming rights già ceduti a Sportfive, che si incaricherà di trovare  l'azienda che darà il nome allo stadio, per un corrispettivo di circa  6,5 milioni all'anno. L'accordo sui naming rights è stato un affare  remunerativo, anche in confronto alle competitrici europee: il  mega-accordo tra Arsenal e Emirates, quindicennale, valeva 100 milioni  delle sterline del 2004, ma includeva anche la sponsorizzazione delle  magliette per 8 anni. Il record è stato battuto dal City che con Etihad  Airways ha stipulato un contratto di circa 100 milioni di sterline per  10 anni, esclusa la sponsorizzazione delle magliette. Quasi il doppio di  quanto ha ottenuto la Juve, certo, ma è anche evidente l'identità tra  la compagnia aerea battente bandiera degli Emirati e la proprietà dei  Citizens, che probabilmente non sfuggirà alle attenzioni del Panel UEFA  per il fair-play finanziario. Inoltre, lo stadio è di proprietà del  Comune, che ha acconsentito all'affare, ma riceverà circa 25 milioni di  euro dal City. Torniamo sul pianeta Terra: uno stadio glorioso come il  Westfalenstadion, casa del Borussia, oggi Signal Iduna Park, vale circa 4  milioni all'anno di naming rights, su base decennale; stesso valore più  o meno dell'accordo tra Schalke 04 e Veltins per il bellissimo stadio  di Gelsenkirchen; 6 milioni all'anno il valore del deal tra Bayern  Monaco e Allianz. Tenuto conto, inoltre, che la Premier League ha un  mercato internazionale assai più vasto di quello della Serie A, e che la  Bundesliga ha un mercato interno più grande, si può ben dire che quello  con Sportfive sia stato un ottimo affare.
Tali diritti, ceduti con  un contratto di dodici anni, hanno permesso di coprire più di metà dei  costi di costruzione dello stadio, con la restante parte coperta dal  prestito concesso dal Credito Sportivo. Per questa ragione e per la loro  natura commerciale, preferiamo escludere questa voce dai ricavi da  stadio (come lo intendono gli inglesi: match-day revenue) e  prefigurando, a livello sportivo, una buona stagione, che dunque  mantenga l'affluenza su livelli alti, la nostra stima si attesta intorno  ai 25 milioni di euro, per questa stagione. Una stagione senza  Champions League e in cui le strutture di entertainment sono ancora in  fase di perfezionamento e saranno operative dalla primavera.
Sì o no al calcio moderno?
E'  poco? Non è molto, è vero, ma le attenuanti sopra elencate vanno  concesse. Vediamo quanto poco, però, e vediamo qual è il potenziale di  crescita, confrontando il dato con gli incassi annuali delle big  europee, che uno stadio già possiedono, e su base più o meno regolare  giocano la Champions League. Il Manchester United, grazie a Old Trafford  (76.000), guadagna più o meno 125 milioni di euro all'anno (dati 2011),  una media di 4.2 milioni a partita. A scendere, in Premier League (dati  2010): Arsenal (60.000) 108, Chelsea (42.000) 77, Liverpool (45.000)  49, Tottenham (36.000) 42, Man City (48.000) 28. Le big de La Liga  (2010): Real Madrid (85.000) 121, Barcelona (100.000) 92. Le tedesche  (2010): Bayern (70.000) 63, Amburgo (57.000) 46, Schalke 04 (62.000) e  Borussia (80.000) 24.
Con numeri del genere, uno pensa che gli stadi  tedeschi siano vuoti. In realtà, chiunque sia capitato, anche solo  sfinito dallo sky-zapping, su un match della Bundesliga, sa che sono  invece i più frequentati d'Europa, in concorrenza con quelli inglesi: lo  stadio del Borussia è il secondo in Europa per media di spettatori  paganti (76.400 con 51.200 abbonati!), e anche Bayern, Amburgo e Schalke  04 stanno nella top ten.
La differenza nelle entrate sta  evidentemente nei prezzi dei biglietti, e attiene al diverso tipo di  modello economico presente nei due sistemi. E' vero, da un lato, che la  regione di Londra è nettamente la più ricca di Europa (più del 300% del  PIL pro-capite medio europeo) e una capitale economica mondiale,  consentendo alle squadre londinesi di poter attingere anche a un lucroso  mercato "corporate", non presente nella stessa misura altrove. Questo  spiega il risultato davvero sorprendente di uno stadio ridotto nelle  dimensioni come lo Stamford Bridge, o l'anomalia di vedere l'Arsenal  sopra il Barcelona; basti pensare, però, che i Gunners sviluppano il 35%  delle proprie entrate da stadio grazie a 9.000 posti premium. Nel resto  di Inghilterra, tuttavia, il PIL pro-capite è inferiore a quello della  maggior parte delle regioni tedesche, e questo si riflette nella  classifica del prezzo medio per un biglietto nell'attuale Premier (dati:  Futebol Finance) che vede l'Arsenal primeggiare, seguito da Tottenham,  Chelsea, Liverpool e solo quinto lo United, tallonato da un'altra  londinese di tutt'altro blasone, il Fulham. Gli investimenti del City  non sono affatto caricati sulle spalle dei tifosi, con un prezzo medio  che è il tredicesimo nella Premier. Niente a che vedere, comunque, con i  prezzi popolari della Bundesliga, il cui prezzo medio è quasi 3 volte  inferiore a quello della Premier League: 19 euro contro 51, secondo  Deloitte. La ragione è abbastanza semplice: le società tedesche sono,  con sparute eccezioni, controllate dagli stessi tifosi, che detengono,  attraverso le loro associazioni, la maggioranza delle quote, e  impediscono che i prezzi si alzino.
Stadi bellissimi e grandissimi  quindi, sicurezza e comfort tedeschi, ma risultato economico che impatta  assai meno di quanto potrebbe.
Dove si colloca lo stadio ju29ro? Più  vicino al modello di business inglese (laddove osava Giraudo) o al  modello sociale tedesco?
Per dimensioni (che si rifletteranno sui  prezzi) è uno stadio inglese. La domanda sorge spontanea: si poteva fare  più grande? Senza considerare i prezzi di costruzione, le ultime due  annate con la Triade forse lo avrebbero sconsigliato (un misero 26.400  di media in campionato nel 2004/2005), anche se, ai tempi dei due  scudetti persi con le romane, la media si attestò sui 41.000, attuale  capienza dello Juventus Stadium.
E' evidente una cosa: i tifosi  inglesi e tedeschi amano e vanno orgogliosi del proprio calcio, i tifosi  italiani molto meno, e questo si è riflettuto in medie spettatori  dell'intera Serie A sempre più basse negli ultimi anni: il problema è  del Sistema Calcio Italia. Considerando il dato appena esposto, c'è da  sottolineare che un campionato più equilibrato, com'era quello delle  "sette sorelle" rispetto agli ultimi due anni, in cui sopravvissero come  big solo la Juve e le due milanesi, si rifletteva in un seguito più  appassionato e remunerativo.
Qual è la situazione odierna? Seppure  livellato verso il basso, dopo il quinquennio di dominio Inter, oggi c'è  più equilibrio, con cinque squadre che, nel medio periodo, dovrebbero  mantenere costantemente le posizioni di testa. C'è entusiasmo per una  Juventus perdente che tutti i tifosi vorrebbero vedere vincente nel  minor tempo possibile. Probabilmente, uno stadio di 50.000 posti non  avrebbe mostrato spazi vuoti nel medio periodo, naturalmente immaginando  buoni risultati sportivi, e avrebbe contribuito maggiormente agli  incassi del settore commerciale, che comunque riceveranno grande impulso  dallo stadio. Il che corrisponde alla filosofia tedesca: gli stadi  devono essere grandi e pieni, la visibilità in televisione in chiaro,  per massimizzare le entrate degli sponsor, che sono la prima fonte di  entrate per tutte le squadre tedesche.
I prezzi, dicevamo. Una prima  rozza stima sembrerebbe indicare prezzi più tedeschi che inglesi: il  prezzo medio per assistere a una partita della Juve si aggira intorno ai  30 euro, la metà o anche meno di un ticket medio a Londra. Un  abbonamento in curva costa 275 euro, contro i 610 del Manchester United,  gli 860 dell'Arsenal, mentre a Monaco di Baviera i prezzi sono compresi  tra i 120 e i 300.
I tifosi sono stati tutelati, insomma, con  variazioni minime nei prezzi degli abbonamenti: dopo una stagione  deludente, senza Champions League, e senza una campagna acquisti col  botto, la società non se l'è sentita di caricare sulle spalle dei tifosi  il difficile percorso di aggiustamento del bilancio, nonostante il  bagno di sangue di quest'ultimo esercizio. Una motivazione più  strettamente strategica può essere anche quella di mostrare agli sponsor  uno stadio costantemente pieno, al fine di incentivare gli  investimenti.
Gli incassi da stadio e i risultati commerciali  correlati difficilmente porteranno quindi nelle casse juventine, per  questo primo anno, qualcosa in più del decremento nelle entrate da  diritti tv, generato dalla nuova legge sulla ripartizione collettiva.  Dal prossimo anno, quando lo stadio funzionerà a pieno regime, con tanto  di Champions League, si spera, l'obiettivo per segnare una vera  crescita dovrebbe essere intorno ai 40 milioni di euro, cui dovrebbe  concorrere un aumento del prezzo dei biglietti, al di là di quanto sarà  il risultato degli sky-box e dei posti premium, proprio per le  dimensioni "normali" dello stadio. 
Uno stadio della stessa capienza  del nostro, Stamford Bridge, genera quasi 80 milioni di euro, ma in un  contesto più avanzato rispetto al nostro, quanto a disponibilità  economica degli spettatori, vastità del mercato corporate e campionato  di appartenenza. La via, ad ogni modo, non può che essere quella, per  generare introiti di un'importanza tale da ridurre il gap con le grandi  d'Europa. Un gap che oggi è spaventoso: la Juve guadagna poco più di un  terzo di quanto guadagna il Barcelona. 
Al di là dei progetti di  lungo periodo, quello che serve, perdonate la banalità, sono giocatori  che da soli facciano alzare il prezzo del biglietto.
Quanto vale lo stadio Ju29ro?
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